Tassazione Royalties Marchio: Come la Registrazione Del Marchio Può Aiutarti a Ridurre la Pressione Fiscale Della Tua Azienda

La pressione fiscale in Italia è ormai a livelli insostenibili, è ora di mettere in campo strategie utili a risparmiare tasse e liquidità.

Una su tutte: sapevi che in Italia esiste un'agevolazione fiscale (a cui da ora in poi ci riferiremo come “Tassazione Royalties Marchio”) legata alla registrazione del marchio? Sembra incredibile, ma in Italia la stragrande maggioranza degli imprenditori non registra il proprio marchio perché non conosce questa agevolazione, e perde così la possibilità di ottenere un importante risparmio sulle tasse da pagare allo Stato.

Le grandi aziende, invece, fanno da sempre un uso sapiente del marchio come strumento di pianificazione fiscale.

Ma come sfruttare la Tassazione Royalties Marchio per ottenere vantaggi fiscali? Questo articolo ti fornirà le strategie chiave per massimizzare i benefici fiscali associati al tuo marchio. Benefici alla portata di tutti e che consentono di ridurre le tasse senza rischiare sanzioni.


È giunto il momento di prendere il controllo delle tue finanze e scoprire come far leva, a tuo vantaggio, sul potere del marchio. Proprio qui, in questo momento, hai l'opportunità di risparmiare sulle tasse e di migliorare la situazione finanziaria, sia la tua che quella della tua azienda. Buona lettura!

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Tassazione Royalties Marchio – I Requisiti

Per mettere in atto questa strategia bisogna avere necessariamente un marchio registrato (ma va bene anche uno di cui avessimo appena depositato la domanda di registrazione). Una volta soddisfatto questo primo requisito, il proprietario del marchio - che, per i nostri scopi, deve essere necessariamente una persona fisica - entra in possesso di un vero e proprio jolly fiscale. Potrà infatti concedere in licenza a terzi l'utilizzo del marchio, e questo terzo può essere persino la sua stessa impresa. E questo non è un semplice dettaglio: concedere in licenza il marchio alla propria imprese spalancherà un universo di vantaggi fiscali a dir poco interessanti.

Sfruttando sapientemente questa opportunità concessa dalla legge, è possibile organizzare la propria impresa in modo da andare a pagare molto meno tasse. In altre parole, il marchio, quando gestito in maniera strategica, è un vero game changer nell'economia fiscale della tua azienda. Ma ne parleremo approfonditamente tra poco.

Tassazione Royalties Marchio – Meglio Ditta Individuale o SRL?

Prima di addentrarci nel processo, è fondamentale comprendere che, se si vuole sfruttare il marchio per risparmiare sulle tasse, è obbligatorio che vi sia una netta separazione legale tra il possessore del marchio e l’azienda che lo sfrutterà ai fini commerciali. Nel caso di una ditta individuale, tale distinzione non esiste poiché l’individuo e la sua impresa sono considerati, dal punto di vista legale, come un'unica entità. Tentare di dare in licenza il marchio a sé stessi in questa situazione, non solo risulterebbe incoerente, ma potrebbe anche comportare gravi implicazioni legali.

Il discorso è diverso per le Società a Responsabilità Limitata (SRL): in questo caso il proprietario del marchio (persona fisica) e l'azienda che ne fa uso possono rappresentare soggetti giuridici distinti. Questa distinzione legale ti consentirà di registrare il marchio come persona fisica e successivamente concederlo in licenza alla SRL, di cui potresti essere anche il socio unico o l’amministratore. Questo approccio ti garantirà tutti gli strumenti necessari per sfruttare il marchio come parte essenziale della tua strategia fiscale.

Tassazione Royalties Marchio – Che Cosa Sono le Royalties

Quando parliamo di “royalties”, ci stiamo riferendo ad un concetto essenziale nel contesto dei marchi. Quando il proprietario del marchio concede il marchio in licenza l'uso ad un soggetto terzo (tramite un apposito contratto), il pagamento che ne riceve in cambio è denominato "royalty". Al plurale, si utilizza il termine "royalties". Questi pagamenti costituiscono il compenso economico che il proprietario del marchio riceve in virtù dell'autorizzazione concessa per l'utilizzo del suo marchio, così come specificato nel contratto di licenza.

In sostanza, ecco cosa sono le royalties: si tratta di un compenso economico (ad esempio una percentuale sul fatturato) che il proprietario del marchio riceve dall'azienda licenziataria, così come definito nel contratto di licenza. 

Tassazione Royalties Marchio – La Valutazione del Marchio

Una volta registrato il marchio, il passo successivo è la valutazione del suo valore. La valutazione del valore del marchio è fondamentale nella pianificazione fiscale, in quanto dovremo concederlo in licenza alla nostra stessa azienda, stipulando un contratto. E per farlo dovremmo conoscerne il valore in termini monetari.

All'interno dell’accordo di licenza, il valore attribuito al marchio giocherà un ruolo fondamentale nel definire l'ammontare delle royalty da pagare al proprietario del marchio, che in questo caso sarai tu stesso. Una valutazione troppo bassa rischierà di compromettere il vantaggio fiscale e di lasciare una quota eccessiva di denaro nelle casse dello stato. D’altro canto, una valutazione eccessivamente ottimistica potrebbe portare a seri problemi in caso di controlli fiscali. Ad esempio, se un'azienda paga un canone sproporzionato per l'uso del marchio e successivamente si viene a scoprire che il valore reale è inferiore, il fisco potrebbe avere qualcosa da ridire, con tutte le conseguenze negative che ne conseguiranno.

Ecco perché, nel contesto della pianificazione fiscale, la valutazione del marchio deve essere accurata e incontestabile dal punto di vista fiscale. E quindi altamente consigliabile affidarsi a consulenti esperti in grado di eseguire una valutazione rigorosa, precisa e in perfetta conformità alle normative vigenti.

Nel processo di valutazione del valore di un marchio, viene comunemente adottato un doppio approccio. Da un lato viene determinato il valore assoluto del marchio, cioè quanto esso varrebbe nel caso venisse venduto a terzi. Dall'altro lato, viene stabilita una percentuale di royalty da applicare quando il marchio viene concesso in licenza. Questa percentuale viene spesso calcolata in base al fatturato dell'azienda che ottiene la licenza d’uso. Questo approccio fornisce una visione completa e flessibile del valore del marchio, utile sia per il proprietario del marchio che per i potenziali licenziatari.

Tassazione Royalties Marchio – Come Vengono Tassate Le Royalties

Ora, per i nostri scopi, è essenziale comprendere come le royalties vengono tassate dal punto di vista fiscale.

Per chiarire questo aspetto, è fondamentale distinguere tra il soggetto che riceve le royalties (nel nostro caso, la persona fisica che possiede il marchio – te stesso) e il soggetto che le eroga (l'azienda che utilizza il marchio). Per la persona fisica, la tassazione segue il principio di cassa: le imposte sono dovute solo quando si ricevono effettivamente i pagamenti delle royalties. In altre parole, le imposte dovranno essere pagate solo quando le royalties vengono incassate; se non vi è alcun incasso, non vi saranno imposte da versare su quel reddito.

Dall'altro lato, la situazione è diversa per l'azienda licenziataria. In questo caso, le royalties costituiscono un costo deducibile che viene registrato secondo il principio di competenza. Ciò significa che l'azienda dovrà dedurre il costo delle royalties nel periodo di imposta in cui sono dovute, indipendentemente da quando verranno effettivamente pagate. In sostanza, l'azienda deve trattare le royalties come un costo deducibile, come stabilito nel contratto di licenza, a prescindere dal fatto che siano state effettivamente pagate o meno.

Inoltre, è importante sottolineare che nel caso specifico dei marchi, le royalties non sono soggette a IVA. Approfondiremo tra poco gli aspetti e i vantaggi fiscali.

Tassazione Royalties Marchio – Le Regole di Tassazione in Italia

In merito alla tassazione, è essenziale comprendere che, quando il proprietario del marchio riceve le royalties per l'utilizzo del marchio, questi importi vengono fiscalmente classificati come "redditi diversi". Ed E che l'intero importo ricevuto verrà tassato integralmente, in quanto non sono previste deduzioni o decurtazioni. A differenza di altre forme di reddito, che potrebbero essere soggette a vari tipi di deduzioni fiscali, l'importo derivante dalle royalties è soggetto a tassazione integrale.

Sul versante previdenziale e assistenziale, le entrate da royalties non sono invece soggette a contributi come INPS o INAIL, in quanto non sono considerate come reddito da lavoro ma come una sorte di "reddito passivo". Dal punto di vista aziendale, l'importo pagato in royalties è considerato invece un costo deducibile. Questo significa che l'azienda potrà scaricare questo importo come un costo operativo, abbattendo così la base imponibile su cui calcolare le tasse. Tale costo è deducibile sia ai fini dell'Imposta sul Reddito delle Società (IRES) che dell'Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP), offrendo un beneficio fiscale su entrambi questi fronti.

Compenso Amministratore VS Royalties: ecco dove sta il vantaggio fiscale

Per rendere chiaro il vantaggio fiscale delle royalties, prendiamo come esempio un amministratore che riceve un compenso di 50.000 euro (in qualità di compenso amministratore, e non sotto forma di royalties).

In questa situazione, l'importo è deducibile dall'Imposta sul Reddito delle Società (IRES), ma non dall'Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP): in altre parole, l'azienda considererà questo compenso come un costo deducibile ai fini IRES, ma dovrà comunque pagarci sopra l’IRAP. Pertanto, se l’amministratore riceve 50.000 euro come compenso, oltre alle tasse che dovrà pagare lui in qualità di persona fisica (IRPEF e INPS in gestione separata), l’azienda dovrà pagare ulteriori 2.000 euro di tasse a titolo di IRAP, poiché il compenso amministratore non è deducibile ai fini IRAP.

Se invece l’amministratore ricevesse gli stessi 50.000 euro sotto forma di royalties (anziché come compenso amministratore), la situazione cambierebbe drasticamente. Non solo l'amministratore eviterebbe alcune tassazioni, come il contributo INPS su quell'importo, ma anche l'azienda trarrebbe vantaggio da questa scelta. Infatti, nel caso delle royalties, l'importo sarà deducibile sia dall’IRES che per dall’IRAP, consentendo così un risparmio dei 2.000 euro di IRAP che altrimenti sarebbero stati pagati se si fosse optato per il compenso amministratore.

Esempio pratico

Esaminiamo ora un caso pratico per chiarire ulteriormente questi concetti. Poco fa ho introdotto una comparazione tra due tipi di reddito: quello derivante dalla proprietà di un marchio (royalties) e quello generato dal compenso come amministratore della società.

Prendiamo come esempio una società fittizia che chiameremo Alfa SRL, società con un Consiglio di Amministrazione (CDA) formato da tre membri. Questo scenario è particolarmente pertinente in Italia, dove la struttura aziendale tende ad essere gestita a livello familiare, ed è quindi molto comune trovare soci che fungono anche da amministratore o che abbiano uno stretto legame familiare all'interno della struttura aziendale. In una struttura con un Consiglio di Amministrazione (CDA) composto da tre membri, immaginiamo che ciascun amministratore riceva un emolumento lordo di 100.000 euro. Di conseguenza, l'azienda affronterà una spesa totale di 300.000 euro per compensare gli amministratori. Su questa somma, verranno poi applicati circa 94.000 euro di IRPEF. Per semplicità, ho omesso le addizionali locali, considerandole marginali rispetto all'importo totale.

In aggiunta all’IRPEF, dobbiamo considerare i contributi previdenziali INPS. L'azienda è responsabile del pagamento di questi contributi sia per sé stessa che per l'amministratore. Su quei 300.000 euro destinati ai compensi degli amministratori, l'azienda dovrà sostenere costi INPS aggiuntivi che ammontano a quasi 70.000 euro. In aggiunta a questi, altri 34.000 euro verranno trattenuti direttamente dal compenso dell'amministratore, incrementando ulteriormente l'onere finanziario per l'azienda.

Dallo scenario presentato emerge in modo chiaro che il carico fiscale e contributivo totale è abbastanza significativo: circa due terzi dell'importo lordo di 300.000 euro verranno assorbiti da imposte e contributi, per un totale di circa 196.482 euro. Questo è il quadro che si configura quando i compensi vengono erogati come emolumenti per gli amministratori.

Interessante notare che, se gli stessi 300.000 euro fossero ricevuti sotto forma di royalty per l'utilizzo di un marchio detenuto congiuntamente dai tre amministratori (anziché come compenso amministratore), la situazione cambierebbe radicalmente. In questo caso, l'IRPEF ammonterebbe a circa 108.000 euro, ma non sarebbe applicabile il contributo INPS. Quindi, dei 300.000 euro lordi, solamente circa 108.000 euro verrebbero destinati a imposte e contributi, passando da una dispersione di due terzi a quasi un terzo dell'importo totale.

Un risparmio di circa 88.000 euro l'anno potrebbe anche non sembrare rivoluzionario nel breve termine. Tuttavia, è fondamentale considerare l'impatto cumulativo di questo risparmio nel corso di una carriera lavorativa. Moltiplicando questi 88.000 euro risparmiati per il numero di anni di attività lavorativa, la cifra risultante inizia ad essere davvero considerevole. È quindi evidente come una pianificazione fiscale accurata possa avere degli effetti significativi sul patrimonio accumulato nel corso della vita.

Inoltre, è importante considerare che la pianificazione fiscale è un concetto che può estendersi su un arco temporale ampio, a volte anche di anni, e non si limita a un singolo anno fiscale. Cosa intendo dire con ciò? Talvolta può essere vantaggioso non riscuotere royalty in un determinato anno, ma ritardarne l'incasso ad un anno o a un periodo fiscale successivo.

Perché sto facendo queste considerazioni? Le società di capitali pagano le imposte in base al principio di competenza fiscale. Ciò significa che, se il contratto di licenza prevede che l'azienda versi quei 100.000 euro di royalties nell’anno fiscale che va da gennaio a dicembre, tali importi verranno dedotti dal reddito imponibile indipendentemente dal fatto che siano stati effettivamente versati oppure no. Di conseguenza, l’azienda non pagherà imposte su quella somma.

Anche la persona fisica che avrebbe diritto a ricevere quei 100.000 euro di royalty, se quell’anno non riceve le royalty, non dovrà nemmeno pagarci le tasse. Questo apre la porta a opportunità di ottimizzazione fiscale, che potrebbero risultare particolarmente vantaggiose nel lungo termine.

Prendiamo ad esempio la passata crisi da coronavirus, in cui l'azienda poteva non disporre della liquidità sufficiente per poter pagare le royalty al titolare del marchio. Tuttavia, grazie alla pianificazione fiscale legata all’utilizzo del marchio, poteva comunque dedurne il costo corrispondente dalle tasse (anche se tali importi non sono mai usciti dalle casse aziendali) e differire l’effettivo pagamento delle royalty a tempi migliori.

Questa elasticità consente all’azienda di ottenere un beneficio fiscale immediato, posticipando a tempi migliori il pagamento delle royalty dovute al proprietario del marchio. Un vantaggio che, in certi frangenti può fare la differenza tra il successo e il fallimento dell'impresa.

Tassazione Royalties Marchio – Consulenza Personalizzata

La pianificazione fiscale è essenzialmente un servizio personalizzato: non esiste un'unica soluzione adatta per tutti. Diverse situazioni possono richiedere approcci diversi. Insomma, ogni strategia fiscale è come un abito su misura, da progettare e adattare in base alle specifiche esigenze di ogni singolo caso.

Prendiamo ad esempio il caso di chi decide di far gravare gli oneri fiscali interamente sulla società, incassando i dividenti che, ricordiamo, sono già tassati alla fonte. Sebbene questa strategia possa sembrare vantaggiosa a prima vista, potrebbe comportare effetti collaterali non immediatamente evidenti.

Ad esempio, nel momento in cui si cerca di ottenere un prestito bancario, anche per acquisti apparentemente banali come una lavatrice, l'assenza di redditi dichiarati potrebbe rappresentare un grosso problema. Questo perché i dividendi non compaiono nelle dichiarazioni dei redditi, il che potrebbe portare la banca a considerare il richiedente come un soggetto privo di reddito. E questo anche se quella persona in realtà disponga di un patrimonio abbastanza considerevole.

Tuttavia, la gestione strategica del marchio può offrire una soluzione vantaggiosa anche a questo. Concedendo il diritto di sfruttamento del marchio alla propria azienda, si apre la possibilità di generare un reddito che non solo riduce le imposte aziendali, poiché si tratta di costi deducibili, ma migliora anche il proprio profilo finanziario, rendendoti un candidato più appetibile per i prestiti bancari.

Ogni situazione è unica e richiede un approccio su misura. A volte, la combinazione di diverse strategie può essere la chiave per ottimizzare la propria posizione fiscale e finanziaria.

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FAQ

Queste strategie sono legali?

È importante sottolineare che le strategie di pianificazione fiscale che a breve andremo ad illustrare, sono completamente legittime e fiscalmente inattaccabili. Sono in completa regola con le normative vigenti. Non si tratta di eludere le regole, ma di utilizzare gli strumenti in modo efficiente.

Nel caso specifico, registrazione e successiva concessione in licenza del marchio vengono effettuate nel pieno rispetto delle leggi, nonché supportate da documentazione che attesta la correttezza di ciascun passaggio. Questo approccio trasparente e legale ci mette al sicuro da qualsiasi contestazione, anche in caso di verifiche fiscali.

La pianificazione fiscale che stiamo per illustrare potrà essere adottata in totale serenità in quanto non mira ad aggirare le norme, ma a utilizzare in modo legittimo e lungimirante gli strumenti messi a disposizione dal legislatore. Il nostro obiettivo è tutelare il contribuente in modo inattaccabile, senza esporlo a rischi di contestazioni. 

Un'azienda può avere più di un marchio, ad esempio uno per il nome dell'azienda e uno per il prodotto?

Sì. Sia le aziende che le persone fisiche possono registrare un numero illimitato di marchi. L'unico problema è la spesa, ma se sei disposto a sostenere tali costi, puoi registrare tutti i marchi che desideri.

Puoi registrare quasi qualsiasi cosa, a condizione che sia lecita, abbia elementi distintivi e soddisfi tutti i requisiti necessari per la registrazione. È possibile registrare un marchio a livello nazionale o internazionale, e ci sono diverse categorie di registrazione da considerare.

Non entreremo qui in tutti i dettagli tecnici della registrazione del marchio, tuttavia, è importante notare che ci sono molti aspetti e dettagli da tenere in considerazione durante questo processo. In generale, è consigliabile affidare la registrazione del marchio a professionisti specializzati nel campo, per assicurarsi che venga effettuata correttamente.

Ho un marchio già registrato intestato alla mia società. È possibile trasferirne la proprietà dalla società a me stesso come persona fisica, così da poterlo utilizzare ai fini della pianificazione fiscale?

In linea generale, questa strategia non è consigliabile. Anche se possono esserci valutazioni specifiche da fare caso per caso, tendenzialmente la risposta è negativa. Il motivo è che risulterebbe palese l'intento di ottimizzazione fiscale: prima il marchio è intestato all'azienda, poi magicamente viene trasferito alla persona fisica e infine concesso nuovamente in uso all'azienda che ne pagherà le royalty.

Questo schema artificiale difficilmente reggerebbe ad un controllo fiscale. Sarebbe fin troppo evidente la finalità di spostare reddito dall'azienda al titolare così da pagare meno tasse.

Per rendere credibile e sostenibile una strategia fiscale con i marchi, è preferibile creare un marchio ex novo e registrarlo a nome della persona fisica per poi concederlo in licenza all’azienda, evitando trasferimenti di marchi in precedenza intestati alla società.

Posso fare pianificazione fiscale senza registrare ufficialmente il marchio?

No. Un punto fondamentale da chiarire è che un marchio esiste legalmente solo quando viene registrato.

Fino ad allora, anche se un'azienda utilizza informalmente un logo o un segno distintivo, questo non viene considerato un marchio a tutti gli effetti.

Se quel logo non fosse registrato, qualsiasi soggetto terzo potrebbe appropriarsene registrandolo per primo a proprio nome. In quel caso, il marchio diventerebbe di sua proprietà, nonostante fosse già utilizzato dalla tua azienda.

Questo dimostra l'importanza di non aspettare a registrare un marchio che si vuole proteggere. Finché rimane non registrato, è un disegno o un logo privo di tutela legale, che chiunque può "rubare" registrandolo prima dell'effettivo utilizzatore.

Posso fare pianificazione fiscale con una ditta individuale?

No. Se si possiede una ditta individuale e si registra un marchio come persona fisica per poi cederlo alla propria ditta, si crea di fatto un contratto con sé stessi. Questa situazione è problematica dal punto di vista fiscale e potrebbe attirare l'attenzione dell'agenzia delle entrate

Posso fare pianificazione fiscale con una ditta SNC o altra società di persone?

No. La stessa logica delle ditte individuali si applica anche alle società di persone. Ad esempio, se in una SNC i soci registrano un marchio e poi lo cedono alla loro società, anche in questo caso si incorre nel problema del "contratto con sé stessi". Ciò è dovuto al fatto che, nelle società di persone, non esiste una separazione giuridica tra i soci e la società stessa.

Per comprendere meglio, è utile fare un confronto con le società di capitali, come le SRL o le SPA. In questi casi, esiste una netta separazione giuridica tra la società e i suoi membri, rendendo la situazione fiscale più robusta e meno suscettibile a contestazioni.

In sintesi, la struttura giuridica dell'entità che detiene e utilizza il marchio è un fattore chiave per garantire una solida pianificazione fiscale.

L'approccio più prudente, se si è una persona fisica che desidera concedere l'uso del proprio marchio alla propria azienda, è di costituire un'impresa come Società a Responsabilità Limitata (SRL). La ragione è che una SRL è un'entità giuridica completamente separata dalla persona fisica che la possiede.

Nota: Questi principi si applicano anche alle SRL unipersonali e alle SRL semplificate. Anche in questo caso, la SRL è considerata un'entità giuridica separata dalla persona fisica, garantendo quindi i medesimi vantaggi fiscali.

Che valore dovrei dare al mio marchio?

La valorizzazione del marchio non è fissa e non esiste una valorizzazione che sia uguale per tutti. Essa dipende da tante cose: dipende dal settore, dipende dalle marginalità dell'impresa, dipende dall'avviamento, dalla storicità del marchio, ci sono tante cose che concorrono a determinare il valore del marchio.

Se proprio dobbiamo dare un range, possiamo affermare che il valore di un marchio può oscillare da una percentuale del fatturato inferiore all’1% (in aziende molto grandi con fatturato di diversi milioni di euro), fino a cifre che superano il 10% del fatturato (nel caso di piccole aziende locali con fatturati molto piccoli).

Ho una SRL operativa all'interno di una holding, come posso muovermi?

In questo caso non è consigliabile registrare il marchio a nome della holding. Piuttosto, è altamente consigliato farlo a nome della persona fisica che sovrintende l'intero gruppo di società. In un secondo momento, questa persona può concedere l'utilizzo del marchio alle società operative, o eventualmente alla holding.

La ragione dietro questa raccomandazione è strettamente legata alla natura fiscale delle holding, le quali rientrano nella categoria delle società di capitali e, di conseguenza, quindi soggette alla normativa fiscale basate sul principio della "competenza". Ciò comporta che, se la società operativa non versa il canone per l'utilizzo del marchio alla holding, quest'ultima è comunque obbligata a registrarlo come ricavo nel proprio bilancio e a pagarci le tasse.

Inoltre, è importante notare che una holding non ha la possibilità di condurre una pianificazione fiscale in questo contesto, poiché per essa i proventi dalle royalties sarebbero considerati un ricavo a tutti gli effetti e quindi sarebbero soggetti all'Imposta sul Reddito delle Società (IRES).

In sintesi, questa strategia consente di gestire in modo più efficiente la posizione fiscale complessiva, evitando problemi di doppia imposizione e massimizzando il beneficio fiscale complessivo.

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